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CHI SIAMO

Popolo e Libertà

Dobbiamo saper essere conservatori sul terreno dei grandi valori, riformisti su quello delle politiche istituzionali, liberali nell'economia e democratico-cristiani nelle politiche sociali, privilegiando, sempre e comunque, la difesa in concreto della dignità di ogni singola persona umana". (H.Kohl - P.Pollini)

 

Popolo e Libertà - POPOLARI LIBERALI

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata...

Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...

Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio...

Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale...

Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche... e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società...

Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia...

Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

(Giovanni Paolo II, Omelia a Washington, Capitol Mall, 7 ottobre 1979)

Ora, bisogna dirsi con franchezza e coraggio che “ci alzeremo in piedi” può e deve significare: ci alzeremo in piedi nello spazio pubblico della politica

  1. Perché i POPOLARI LIBERALI per l’Italia. I nostri valori e i nostri principi.
  1. Il nostro paese soffre di una serie di deficit gravi ed allarmanti.

Il primo è un deficit di cultura dei valori condivisi e dell’identità.

Davanti infatti alla duplice sfida del relativismo etico e dell'integralismo islamico, l'Europa, e con essa l'Italia, può iniziare a reagire, per salvarsi, solo se ritrova l'orgoglio e le radici della sua identità cristiana.

  1. Per difendere l’identità e la cultura del nostro popolo oggi minacciate c’è bisogno più che mai di un Movimento popolare-liberale di ispirazione cristiana in cui l’ispirazione cristiana è laica, non confessionale, non clericale e non integralista e in cui la laicità della politica sia un dato definitivamente acquisito.
  1. Semplicemente si riconosce che i valori che si incontrano nella vita del popolo e che sono costitutivi anche della nostra personalità sono nati in gran parte da una storia cristiana, sono stati generati da una esperienza di fede viva e affascinante.

Non vanno quindi assolutamente difesi in modo ideologico, perché sono in qualche modo contenuti nei sacri testi ma perché essi si sono conosciuti come veri nella propria vita, sono costitutivi della nostra esperienza e della nostra cultura.

  1. Per questo non possiamo non essere laici: rispondiamo dei nostri comportamenti al popolo, a noi stessi e alla nostra coscienza.

Ma per questo nessuno può chiederci di mettere tra parentesi i valori cristiani, la concezione cristiana della vita e della famiglia, della libertà e della solidarietà e della pace, nel momento in cui affrontiamo il dibattito nello spazio pubblico e la decisone politica.

  1. Quei valori, al contrario, noi vogliamo rappresentare democraticamente partecipando al grande dibattito collettivo in cui si definiscono di volta in

volta gli orientamenti della nazione. Su questi principi don Luigi Strurzo ha fondato a suo tempo il Partito Popolare Italiano. Su questi principi si è costruito nel secolo XX un grande movimento democratico cristiano in Europa e nel mondo, che è stato fattore di pace e di progresso economico e culturale. Questo movimento ha posto anche le basi delle istituzioni europee nelle quali noi oggi ci riconosciamo.

  1. Si tratta di continuare oggi la tradizione sturziana del partito popolare –liberale di ispirazione cristiana e vogliamo farlo nella modernità della politica.

Mentre il relativismo etico afferma una libertà senza verità e senza responsabilità e l’integralismo islamico (che non è però tutto l’Islam) afferma una verità senza libertà, il cristianesimo da cui è nata la democrazia occidentale, ci ha insegnato un equilibrio delicato e difficile di libertà e verità.

  1. L’uomo deve riconoscere la verità per mezzo della libertà e proprio per questo la verità non può mai essere imposta con la forza ma deve essere proposta per mezzo della ragione e dell’incontro personale.

Questo ci ha insegnato il Concilio Ecumenico Vaticano II e questo ha ripetuto a Regensburg Benedetto    XVI e tutti i giorni Papa Francesco.

Ma la nostra società e la politica sono cambiate ed al vecchio laicismo, con il quale era possibile un accordo fondato sul riconoscimento comune del diritto naturale, subentra come avversario il relativismo etico che dissolve l’insieme dei valori naturali che tengono insieme la vita del popolo.

  1. L’evolversi della società e della storia pone nuove questioni e nuove sfide e gli antichi valori hanno bisogno di essere riformulati criticamente per continuare a svolgere il loro ruolo di orientamento e di guida. Emergono inoltre periodicamente movimenti, forze sociali e culturali, nuovi problemi che ci costringono a riformulare i nostri valori, ad impegnarci in un dialogo con nuovi interlocutori e se necessario ad ingaggiare una lotta per difendere così ciò in cui crediamo.
  1. Ma come ha detto una volta giustamente Schuessell, l’ex Cancelliere austriaco del PPE,: «spesso per conservare quello che vale è necessario cambiare molte cose».

La conservazione dei valori quali per esempio, la difesa della vita dalla nascita fino alla morte naturale, la difesa della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo ed una donna (Cost. It. Art.29,30,31) e la difesa dei diritti della famiglia riguardo al tema centrale dell’educazione, impone spesso coraggiose iniziative di riforma sociale e di valorizzazione dell’autonomia sussidiaria della società civile davanti alla invadenza dello stato.

Nel contempo é necessario contrastare il diffondersi di pratiche ignobili e criminali come quella dell' utero in affitto, che priva i bambini del diritto di avere un padre ed una madre e consente ai ricchi e potenti di sfruttare la disperazione di donne che a pagamento si sottopongono ad una gestazione per altri.

Si tratta di un vergognoso ritorno a forme di schiavitù' e di umiliazione della dignità di ogni essere umano che si sperava fossero state superate per sempre.

  1. La persona viene prima della società civile e la società civile prima dello stato.

Fra stato e mercato sta (ed è decisiva) la famiglia e la società civile. Qui si colloca una nuova visione del protagonismo del Terzo Settore.

Legato a questo è il problema di una nuova alleanza da concludere fra mercato e solidarietà. È possibile individuare un percorso che riconcili la libertà del mercato con la solidarietà verso i deboli e gli umili? Dobbiamo per forza essere soffocati nella alternativa fra una logica spietata di mercato che ignora la solidarietà ed uno statalismo ed un populismo che con il pretesto di prendersi cura dei poveri li consegna come oggetti di amministrazione ad una burocrazia ottusa e spegne la vitalità e l’autonomia della società?

  1. E’ il tempo di realizzare una nuova sintesi culturale prima ancora che politica, di dottrina sociale cristiana e pensiero liberaldemocratico. Occorre interpretare la nuova domanda di libertà degli ultimi decenni conciliandola, tramite la sussidiarietà, con la tradizione solidaristica propria della tradizione cristiano-democratica.
  1. Le grandi ideologie che hanno segnato il XX secolo sono tramontate con il loro strascico di errori ed orrori. Tutte le ideologie che affermavano l'assorbimento dell'etica nella politica sono clamorosamente fallite, la cultura del Movimento Popolare-Liberale, ispirata dalla Dottrina sociale, però non è coinvolta in tale fallimento. Essa è lo strumento più duttile e concreto di cui può disporre chi vuole agire oggi, per difendere l'uomo e la sua dignità e salvaguardare i principi fondamentali della convivenza umana, del diritto, dello stato e dell'economia.
  2. b) Perché una nuova cultura popolare-liberale
  1. Per il Nuovo MPL è necessaria allora una nuova cultura dell'equilibrio possibile tra valori non negoziabili e interessi sociali, fra mercato, imprenditorialità e solidarietà, fra difesa dell’identità, del "progetto nazionale" e processo di globalizzazione, fra federalismo solidale e unità della nazione, fra le nazioni e l’Europa.
  2. E’ compito precipuo de POPOLARI LIBERALI favorire il dialogo, la collaborazione ed il lavoro comune fra tutti coloro che intendono elaborare in Italia una nuova sintesi tra la cultura liberale del mercato e la cultura comunitaria della solidarietà. 

Essa si situa al punto di incontro di tradizioni diverse. 

  1. Da un lato, come abbiamo già visto, una cultura cattolica non clericale e non integralistica, che ha assimilato pienamente il metodo della libertà.

Sta infatti crescendo nella società italiana una rete di presenze cristiane che sono nate nella modernizzazione e che non sono affatto residui del cattolicesimo rurale premoderno ma che si pongono come risposta alle patologie di cui la modernizzazione è portatrice

  1. Tale movimento dei movimenti che si è manifestato in modo così eclatante in occasione prima, nel 2007, del Family day di Roma poi nel 2015 a Piazza San Giovanni per difendere in nostri figli, pongono al centro del dibattito pubblico la scoperta che la famiglia è il vero soggetto oppresso della nostra società. E’ oppresso economicamente ed è oppresso culturalmente. E’ qui che tali movimenti incrociano la politica e si pongono domande radicali su di essa.

Sta nascendo una nuova autocoscienza all’interno di questo movimento di movimenti. Occorre allora aprire una approfondita riflessione e un grande dialogo all’interno che non potrà che fare molta attenzione alla novità culturale ed antropologica che tale movimento rappresenta per costruire su questa una proposta politica complessiva e nazionale.

  1. Dall’altro lato vi è una cultura liberale il cui filone migliore, quello di Tocqueville, si dissocia dal relativismo etico e vede nel liberalismo una filosofia delle istituzioni sociali e non una compiuta concezione del mondo incompatibile con quella cristiana tradizionale.

E’ una posizione che conosce il valore della tradizione e della storia, che vede crescere nella storia le istituzioni liberali come antidoti contro il potere illimitato degli individui o delle masse. E’ una posizione che diffida di ogni perfettismo, di ogni progetto utopico e si preoccupa piuttosto di circoscrivere il male.  

Di qui la preoccupazione di limitare e controbilanciare il potere.

E dal limite posto al potere scaturisce la libertà civile.

C’è oggi la diffusa convinzione che sia necessario porre rimedio al “grande errore” perpetrato in questi ultimi 20 anni del mancato rinnovamento dello Stato (un forte governo, amministrazioni pubbliche snelle ed efficienti etc., etc.) e al conseguente strapotere della “partitocrazia”, tramite un nuovo inizio per la politica e per lo stesso ordinamento dello stato.

  1. Tale liberalismo non dottrinario si dissocia dalla vecchia idea liberista che considerava come reprobo chi non aveva successo nella vita. Il mercato può essere così, a patto che sia efficiente e che ne sia garantito l’ingresso ai paesi poveri, un potente fattore e garante di pace, perché altrimenti la ricchezza di un popolo verrebbe conquistata solo con la guerra, sua naturale alternativa.
  2. Il nostro paese soffre allora, di un deficit di liberalismo e non di un deficit di comunismo e di statalismo. Soffre cioè della mancanza di riforme liberali che ci consentano di recuperare il ritardo accumulato rispetto a paesi che non si sono mai fatti illusioni sugli effetti benefici di improbabili sintesi di comunismo e democrazia occidentale.

In Italia, mentre i cattolici di sinistra, i cristiani “anonimi” ed “adulti”, i dossettiani  si trastullavano attardati per decenni a leggere nel primo Maritain un’accentuata critica del liberalismo e una propensione al dialogo a sinistra, illudendosi di raggiungere questa sintesi impossibile, (illusione che sta poi alla base del brodo di cultura dello stesso Partito Democratico), in Germania i cattolici popolari e i popolari liberali della CDU /CSU mettevano invece in pratica gli insegnamenti di Wilhelm Röpke (che ha elaborato le categorie fondamentali dell'economia sociale di mercato in un dialogo fra pensiero liberale e dottrina sociale cattolica, che è stata ed è fattore straordinario di sviluppo e di crescita ).

  1. c) Perché alternativi alla sinistra
  1. Sturzo e De Gasperi hanno avuto fiducia nella libertà, hanno avuto fiducia negli italiani e negli europei, hanno accettato le sfide del loro tempo ed il Paese quelle sfide le ha vinte.

Di qui rinasce la prospettiva dei Popolari Liberali  dal cuore antico, garante oggi come allora, delle libertà integrali e di una costituzione repubblicana fondata sulla persona e sulla libertà.

Lo stesso vogliamo fare noi, con le sfide del nostro tempo concorrendo alla creazione di un area non sovranista nel centro destra cosi come e’ stato a suo tempo il PDL.

  1. In Europa ed in Italia il tentativo di costruire un nuovo centro democratico cristiano a sinistra, è fallito clamorosamente. Il suicidio, di gramsciana memoria, dei democristiani nel Partito Democratico ne è la conferma più eclatante. Il centro europeo sa di essere alternativo alla sinistra, non subordinato alla destra e dovrà essere di identità popolare-liberale.
  2. Ecco allora alcune fondamentali distinzioni di principio fra la posizione della sinistra e la nostra. Potremmo sintetizzare le cose dette fino ad ora nella affermazione che, in materia di politica economica, la differenza principale fra noi e la sinistra riguarda il mercato. Il mercato produce ricchezza ma al tempo stesso produce disuguaglianza.

Per la sinistra il mercato è in linea di principio sospetto. Davanti al fallimento delle economie di comando (comuniste) la sinistra si è adattata ad accettare in qualche modo il mercato ma resta in fondo convinta che esso sia un male da controllare nel modo più stretto possibile.

  1. La sinistra è piuttosto affascinata dal mito della eguaglianza che rappresenta senza dubbio il suo punto di orientamento fondamentale. Essa sogna una società così perfetta che in essa il male (e il male supremo è per essa l'ineguaglianza) sia impossibile.
  1. Eguaglianza può significare sì la stessa cosa della solidarietà verso il povero e lo sforzo di aiutarlo a mettere in valore tutte le sue capacità uscendo dallo stato di povertà, ma di per sé eguaglianza può anche significare la invidia sociale che vuole livellare le condizioni del ricco a quelle del povero.

Per una parte della sinistra la voglia di spossessare i ricchi è stata più forte di quella di migliorare le condizioni dei poveri e si è preferita una società di eguali nella povertà ad una società di diffuso benessere in cui alcuni fossero più ricchi di altri.

  1. Il comunismo non realizza così nemmeno l’eguaglianza: senza mercato non cresce la produttività e la società diventa più povera e i beni prodotti vengono distribuiti secondo il merito politico e l’èlite politica si appropria la parte migliore.
  1. Se il fine della politica economica è l’eguaglianza bisognerà tenere strettamente sotto controllo l’iniziativa privata, se il fine è il miglioramento delle condizioni di vita di tutti (anche se in modo diseguale) allora l’iniziativa privata andrà incoraggiata.

Perché distinti dal populismo e distanti dall’antipolitica

  1. d) Perché il mercato è insostituibile ma non tutto è mercato
  1. Noi pensiamo invece che il mercato sia in linea di principio positivo, anche se sappiamo che esso può generare ingiustizie (non tutte le disuguaglianza però sono ingiustizie) e pensiamo che la politica abbia il dovere di orientare ed organizzare la solidarietà per porre rimedio ai fallimenti del mercato, per evitare che la persona umana concreta possa essere travolta e schiacciata dai meccanismi di mercato.
  1. Questo significa che il mercato è sì il sistema migliore per produrre e fare circolare le merci, ma non tutto è merce. Il sesso, l'amore, l'onore, la verità, la giustizia etc... non sono però merci, non si possono e non si devono vendere e comprare, si comunicano per una logica del dono che è diversa dalla logica dello scambio degli equivalenti che domina sul mercato. Una società bene ordinata farà uso di meccanismi di mercato per mediare lo scambio delle merci ma delimiterà il mercato per mezzo di sistemi di valori non di mercato, etici, giuridici, culturali e religiosi.

Lo Stato democratico per funzionare ha, infatti, bisogno di un fondamento morale che non può darsi da solo.

  1. Se nella società si diffonde un atteggiamento relativistico rispetto alla religione e alla morale il risultato sarà che la politica scadrà nella corruzione. Ogni società suppone l’esistenza di un certo insieme di valori morali che la gente accetta e che sono la base del sistema democratico. Lo stato d’altronde non è in grado di produrre i valori di cui pure ha bisogno per esistere

Solitamente a questo proposito qualcuno afferma: “ma i valori dello stato liberale li produce il mercato”. Questo non è vero, perché il mercato consuma valori ma non li produce, anch’esso ha bisogno di un sistema di punti di riferimento morali che non produce esso stesso.

  1. Il modo migliore, d’altronde, per accrescere la ricchezza è in genere quello di lasciare libertà alla iniziativa economica dei cittadini

La ragione di questo sta nel fatto che la principale risorsa economica, più ancora che la terra, sta nella voglia di lavorare, nella creatività e nella inventiva degli uomini. Nel linguaggio della economia moderna questa si chiama  capitale umano e imprenditorialità.

E’ la capacità di inventare combinazioni produttive efficaci e di rischiare per realizzarle.

  1. e) Perché è meglio coniugare mercato e solidarietà
  1. Noi siamo per la solidarietà, la sinistra è tentata dalla invidia sociale.

La sinistra è statalista (per realizzare l’eguaglianza) noi siamo per la libertà di iniziativa e diamo in economia allo stato un ruolo sussidiario.

Gli uomini sono tutti eguali fra loro in dignità. Ciascuno ha però delle qualità diverse tanto da essere unico ed irripetibile

  1. L’eguaglianza come la sinistra è tentata di interpretarla, sta in contraddizione con l’idea di merito.

La solidarietà invece presuppone la differenza del merito e del successo e carica i più forti di maggiore responsabilità sociale.

  1. Fra il liberismo dottrinario ed il feticismo del passato bisogna aprire di nuovo il cammino del realismo, della difesa concreta dei diritti dell’uomo e dei diritti del lavoro nella società che cambia. E’ questo il compito dei Popolari Liberali.
  2. Questa concezione della solidarietà distingue e oppone i Popolari europei alla sinistra europea. Per lungo tempo la sinistra si è opposta al concetto di solidarietà. Solidarietà è parola cristiana mentre la sinistra ha puntato piuttosto sulla lotta di classe. Quando il mito della lotta di classe è tramontato la sinistra si è scoperta solidarista. Tuttavia in realtà la sinistra dice solidarietà e, intende, come abbiamo visto, «invidia sociale», il rifiuto di accettare il fatto che in una società libera ciascuno gioca le proprie carte e ottiene un risultato di volta in volta differente.
  1. Dopo la caduta del comunismo, però, molti hanno pensato che trionfasse nel mondo un modello puramente liberista. In tale modello il mercato sarebbe diventato l'unico mediatore degli scambi sociali. A monte del mercato veniva presupposto solo il sistema degli istinti vitali. Presto si è dovuto riconoscere che questo modello sociale era sbagliato e non funzionava.
  1. Il mercato non nasce infatti dalla abolizione di ogni regola ma è, piuttosto, nelle modalità concrete del suo funzionamento, esso stesso una regola ed una istituzione. Non esiste mercato senza un sistema legale stabile, garantito da tribunali e giudici imparziali.
  2. Perché il mercato possa sussistere, perché possa svilupparsi il calcolo economico ed organizzarsi la produzione in un modo razionale, è necessario che esista una categoria di persone e di comportamenti "fuori mercato", governata da leggi e sistemi di valori alternativi rispetto a quelli di mercato. Il sistema dei tribunali però non basta.
  1. Nessuna società vive di sola repressione dei comportamenti asociali. Occorre che almeno la grande maggioranza dei membri della società e degli operatori del mercato interiorizzi un insieme di regole di rispetto reciproco, di correttezza, di rispetto della parola data etc.. senza delle quali il mercato non potrebbe esistere o funzionare.
  1. Questo tipo di persone capaci di organizzare in modo sistematico il proprio lavoro in un rapporto di fiducia con altri, capaci di mantenere la parola data, di avere cura di se stessi ed anche di altri, d'altro canto, possiede una specifica organizzazione psichica che nasce all'interno di una famiglia in cui c'è un padre ed un madre che con la loro presenza educativa favoriscono la formazione di una personalità matura.
  1. Non deriva forse la crisi delle società occidentali e in esse della famiglia, proprio dal modo in cui il mercato è uscito dai limiti che gli sono propri mercificando l'intera attività sociale e attaccando così le fondamenta della società libera?
  1. Se la critica materialista del capitalismo è fallita ciò non vuole dire che non sia possibile una diversa critica del capitalismo, immanente ai sistemi stessi di economia libera, che mira non ad abolire il mercato ma a mantenerlo nei suoi limiti propri.

Si tratta di una critica etica del capitalismo di cui una società libera ha continuamente bisogno. Esistono valori più alti di quelli del mercato.

  1. D’altra parte i modelli socialdemocratici europei sono entrati in crisi proprio perché hanno condiviso in qualche modo il presupposto materialistico ed economicistico del marxismo.
  1. Essi hanno deresponsabilizzato le persone e le comunità ed hanno caricato sulle spalle dello stato tutti i costi della solidarietà. La crisi che li ha travolti ci obbliga a pensare oggi modalità nuove di incontro fra solidarietà e libertà, in cui uno spazio più grande è dato alle comunità locali, alle famiglie, al volontariato, all'associazionismo ed alle Chiese.
  2. f) Perché è meglio l’economia sociale di mercato e un nuovo Welfare
  1. Vogliamo dare speranze al nostro Paese con una nuova politica economica basata sull'economia sociale di mercato ecologicamente compatibile che riduca le tasse, renda più flessibile il mercato del lavoro, crei le grandi infrastrutture che guidano lo sviluppo, riduca il peso della burocrazia,

crei un ambiente favorevole alla voglia di impresa, dia a tutti il sentimento di una prospettiva di crescita e di futuro.

  1. Vincente è solo un progetto economico e una nuova politica industriale capace di difendere l'identità nazionale dentro il processo di globalizzazione e nell'era della web-economy e dell'e-government e non prescindendo da esso. Dobbiamo produrre un maggior numero di brevetti ed avere un maggior numero di prodotti basati sulla nostra ricerca scientifica.
  1. Occorre sostenere fortemente la piccola e media impresa, vera spina dorsale del Paese, gli artigiani, i commercianti ed i coltivatori diretti, che hanno bisogno di una economia sociale di mercato, mentre cresce il peso di grandi aziende sostanzialmente monopolistiche.
  1. Dobbiamo rendere più flessibili i nostri sistemi di lavoro e non possiamo costringere le aziende a ritardare i processi di ristrutturazione per difendere posti di lavoro che non hanno più alcun senso economico

Invece di ostinarci nella difesa impossibile di posti di lavoro ormai inevitabilmente obsoleti dobbiamo concentrarci sulla difesa del lavoratore che ha perso il posto di lavoro. In altre parole: non possiamo mettere la solidarietà a favore del lavoratore che perde il posto di lavoro interamente a carico dell’impresa che ha bisogno di ristrutturare.

  1. E’ allora necessario garantire al lavoratore un reddito adeguato nel periodo di disoccupazione, legato alla frequenza di corsi di formazione orientati che gli permettano di riqualificarsi recuperando per quanto possibile la sua professionalità precedente ed orientandosi verso i nuovi mestieri e le nuove opportunità offerte dal mercato

Ecco il perché è così importante quella flessibilità che oggi viene invocata ad ogni piè sospinto come la chiave della competitività del nostro sistema

  1. La globalizzazione inarrestabile comporta problemi seri per i poveri dei paesi ricchi. Le produzioni a contenuto tecnologico più povero ed a minore valore aggiunto si spostano dai paesi ricchi ai paesi poveri. I lavoratori meno qualificati dei paesi ricchi perdono il posto di lavoro. Bisogna governare il processo creando milioni di posti di lavoro nuovi in settori non esposti alla concorrenza dei paesi emergenti, posti di lavoro ad alto contenuto tecnologico o posti di lavoro nei servizi o nel turismo.
  1. Nel lungo periodo, naturalmente, ci si avvierà ad una certa parificazione dei salari nei paesi ricchi e nei paesi poveri, ma per una intera generazione noi dobbiamo mantenere una certa superiorità tecnologica se vogliamo pagare ai nostri giovani salari che consentano loro di mantenere un tenore di vita che noi consideriamo accettabile.
  2. La necessaria flessibilità del rapporto di lavoro va accompagnata con altri provvedimenti a cui abbiamo già accennato: il sussidio di disoccupazione, la formazione professionale e l’aiuto nella ricerca di un nuovo lavoro. L’ideale è l’accompagnamento da posto a posto di lavoro.
  1. Nell’epoca della globalizzazione la difesa dell’uomo non coincide allora con la difesa del posto di lavoro fisso: bisogna passare dalla tutela del posto di lavoro alla tutela del lavoratore, e questa tutela deve essere sufficientemente flessibile ed intelligente per accompagnare il lavoratore da un posto di lavoro ad un altro.
  1. D’altra parte la persona ha un originario bisogno di sicurezza.

Le reti di sicurezza di domani non potranno essere tutte concentrate nelle mani dello stato. Esse saranno tanto più efficaci quanto più saranno decentrate e rese vicine all’utente. La solidarietà della fase nuova che stiamo vivendo deve essere una solidarietà mobile, non statica. E deve essere una solidarietà che lavora insieme al mercato e non contro di esso.

La chiave per coniugare in modo creativo mercato e solidarietà è il principio di sussidiarietà.

  1. La competizione globale fra i diversi paesi per attrarre investimenti e posti di lavoro sul proprio territorio diventa anche inevitabilmente competizione fiscale.

Scopo della tassazione è ridistribuire il reddito secondo modelli egualitaristici o favorire una abbondanza di posti di lavoro ed occasioni di guadagno per i lavoratori?

Se il nostro obiettivo è una società egualitaria avremo tasse elevate e meno posti di lavoro, se privilegeremo il secondo avremo una società prospera e solidale.

  1. I tempi sono cambiati ma le finalità ed i valori restano gli stessi: difendere la persona umana, impedire che essa si riduca ad essere solo un ingranaggio del mercato o, peggio, che venga dilaniata dai meccanismi di mercato. Con i tempi devono però cambiare anche gli strumenti ed i meccanismi politici attraverso i quali i valori vengono realizzati.
  1. Vogliamo politiche sociali coraggiose a sostegno di chi è nel bisogno per dargli la possibilità di partecipare ad una società più prospera e più libera. Non vi è contraddizione fra sviluppo e solidarietà. Non è possibile finanziare le nuove e coraggiose politiche di solidarietà che vogliamo portare nell'azione di governo se non si rimette in movimento il meccanismo dello sviluppo e della produzione di ricchezza. Questa è la condizione prima se vogliamo dare agli italiani pensioni migliori, migliore assistenza sanitaria, più sostegno agli umili e agli emarginati. Crediamo che in questo campo, per gestire meglio le risorse e per dare un servizio migliore, sia decisivo il ruolo del cosiddetto Terzo settore, del mercato sociale e del volontariato.
  1. Il mercato libero, però come presuppone la libertà, così presuppone un soggetto umano libero, capace di progettare il futuro, capace di controllare le sue passioni e quindi di sacrificare il godimento presente, capace insomma di investire energia, tempo, beni e risparmi in un progetto volto a garantire il futuro. Questo è un primo elemento che è necessario anche per una economia sana.
  2. Quanto più crollano le strutture familiari sotto il peso dell'edonismo consumistico, tanto più si riduce anche la capacità di produrre uomini che sanno assumere queste responsabilità.
  1. Detto in atri termini, il problema del relativismo etico-culturale è oggi il problema della famiglia, è il problema della dissoluzione della famiglia come luogo primario di formazione dell'identità.
  1. La personalità virtuosa, responsabile e libera, per cui l'esserci è un bene ed un dono, cresce invece e si sviluppa nella famiglia stabile che deve essere posta come interlocutore centrale  di tutte le politiche sociali.
  1. Politiche che assumono la famiglia come interlocutore funzionano meglio e garantiscono un uso migliore delle risorse impiegate. Esse rafforzano anche il legame fra le generazioni e più in generale il ruolo della famiglia nella nostra società.
  1. I Popolari Liberali non potranno che porre al centro non tanto e non solo delle politiche del Welfare ma dell’azione politica tout court, la famiglia, le 12 milioni di famiglie italiane con 10 milioni di figli. Bisogna dare battaglia con forza e coraggio per passare in Italia ed in Europa.

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